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La galleria regionale di Palazzo Bellomo è il museo di arte medievale e moderna di Siracusa. La galleria è ubicata sull'isola di Ortigia, il centro storico della città, a pochi passi dalla centrale Piazza Duomo e dalla leggendaria Fonte Aretusa. Inaugurato agli inizi del XX secolo, il museo Bellomo vanta oggi un'esposizione permanente di circa 270 opere d'arte, principalmente dipinti e sculture, che spaziano dal periodo paleocristiano e bizantino fino al XIX secolo. In questo modo il Bellomo ben si integra con il secondo grande museo regionale cittadino, il museo archeologico "Paolo Orsi", che offre invece una panoramica sull'arte e sulla storia siciliana dalla preistoria all'epoca romana e paleocristiana. All'espozione permanente si vanno ad aggiungere mostre tematiche temporanee che vengono organizzate nella sede centrale e nelle due sedi distaccate, i magazzini di torre dell'aquila, vicino al lungomare della "marina" e la SAC, dedicata in particolar modo all'arte contemporanea. Purtroppo il turista frettoloso, solo di passaggio a Siracusa, sovente salta questo interessante museo, indeciso su cosa privilegiare nella ricca offerta monumentale e culturale di Siracusa. Ma nel girovagare tra i vicoli di Ortigia sicuramente il Bellomo, imponente nella sua facciata Sveva ed elegante nel suo cortiletto catalano, merita una visita. Anche alla Galleria Bellomo come in qualsiasi altro museo del mondo non è possibile o comunque corretto fare una "classifica" o un "best of" delle opere più belle in quanto i fattori che entrerebbero in gioco sono troppi e variegati. Per chi non ha mai visitato la galleria e medita di farlo abbiamo però ugualmente pensato ad un piccolo articolo con una nostra personalissima proposta delle opere che maggiormente ci hanno colpito nel corso delle nostre visite e che pertanto vi raccomandiamo di non perdere passeggiando tra le sale espositive. Cominciamo allora la nostra piccola carrellata.
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Archimede, il famoso fisico, matematico e inventore vissuto nel III sec. a.C. era Greco ma un Greco nato nella più potente delle colonie d'occidente, Siracusa. Ancora oggi molti dei turisti che partecipano alle nostre visite guidate ci chiedono notizie sulla vita di questo genio universalmente riconosciuto e diventato celebre anche grazie a storie e leggende che lo riguardano. Chi non conosce la sua esclamazione "Eureka", detta nel momento in cui la soluzione di un problema fisico si affacciò alla sua mente e che lo vide saltar fuori nudo e felicissimo da una vasca colma d'acqua? E poi ancora chi non ha sentito raccontare la storia degli specchi ustori che Archimede avrebbe inventato per dar fuoco alle navi romani che assediavano la città di Siracusa?. Dopo aver sentito i racconti delle nostre guide sugli studi e sulle gesta di Archimede, molti dei partecipanti ai nostri tour guidati ci chiedono anche dove si trovi la tomba del famoso inventore siracusano. In realtà la domanda è tutt'altro che banale anche perchè varie guide turistiche cartacee e cartelli indicano in città la "tomba di Archimede". Il luogo indicato si trova all'interno del parco della Neapolis, l'area archeologica più importante e visitata della città. Qui, al limitare dell'area del parco, in un'area che non è abitualmente aperta al pubblico ma che è visitabile in occasione di eventi speciali, si trova, scavata nella roccia, una tomba monumentale, adornata dan un timpano triangolare e dai resti di due colonnine. Fortunatamente, sebbene questa parte del parco della Neapolis non sia sempre accessibile, questo monumento archeologico è visibile anche dalla recinzione esterna, sul versante di viale Teracati. Per quanto questo luogo monumentale possa colpire l'immaginario di chi visita Siracusa sulle tracce di Archimede, ci preme però dire che si tratta di una "falsa tomba di Archimede" che solo la tradizione cittadina lega al famoso inventore. Probabilmente questo legame è nato dal timpano decorato nella parte superiore della tomba che ben si sposava con quanto raccontato dagli storici antichi che ricordavano che sulla tomba di Archimede erano stati posti un triangolo e una sfera per omaggiare i suoi studi di geometria. Gli scavi archeologici effettuati nel XX secolo hanno però datato questa tomba ad un'epoca successiva a quella di Archimede, identificandola piuttosto come un colombario romano.
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Ortigia è una piccola isola sulla quale si colloca il centro storico di Siracusa. Una passeggiata tra i suoi monumenti, i vicoli pittoreschi e lo splendido lungomare, è una tappa d'obblico per chi visita la città di Archimede. Molto spesso però si rischia erroneamente di programmare troppo poco tempo per la visita di Ortigia, concentrandosi soltanto sull'area di Piazza Duomo e della Fonte Aretusa e perdendo il fascino dei piccoli vicoli meno affollati dai turisti e dei diversi rioni, ognuno con le sue peculiarità. La Giudecca, la Graziella, la Spirduta sono alcuni di questi angoli di Ortigia che meritano di essere goduti con uno "slow tour" che consenta di apprezzarne l'incanto ma anche i tanti monumenti nascosti. Proprio al limitare tra la Graziella e la Spirduta, ad esempio, è possibile ammirare alcuni monumenti spesso al di fuori degli itinerari più frettolosi: Palazzo Montalto e la chiesetta di San Pietro intra moenia, la più antica chiesa siracusana.
La chiesa paleocristiana di San Pietro
Questa piccola chiesa dalla lunghissima storia è segnalata sulle mappe turistiche ma, purtroppo, è spesso, per ragioni di tempo, al di fuori degli itinerari di visita dei grandi tour operator che programmano solo una rapida visita al centro storico di Siracusa.
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Dopo un lungo periodo di chiusura, a partire dal mese di settembre 2019 riaprirà al pubblico il cosidetto ginnasio romano a Siracusa, monumento posto lungo la moderna via Elorina. Il sito, oggi semisommerso all'acqua per via di un'innalzamento della falda, è tra i più suggestivi e curiosi. Un'antica tradizione vuole che si tratti dei resti del ginnasio ma, nel corso dei decenni anche altre ipotesi sono state avanzate dagli studiosi. Scopriamo qualcosa in più su questo monumento. Scopriamone qualcosa di più. Per visitare il sito consultare gli orari aggiornati che vengono periodicamente pubblicati nella nostra sezione "orari di apertura". In genere, date le dimensioni ridotte dell'area archeologica non vengono proposte visite guidate ma per itinerari ad hoc con altri monumenti cittadini è possibile contattare le guide turistiche Hermes Sicily.
È il 1864 quando, nell’immediata periferia di Siracusa, l’archeologo Saverio Cavallari porta alla luce i resti di un monumentale edificio. Dallo scavo cominciano a mano a mano ad affiorare resti di colonne corinzie, pezzi di statue di personaggi romani; vengono ancora alla luce i resti di un grande porticato, il basamento di un tempio e la cavea di un piccolo teatro semisommerso dall’acqua. Dopo secoli di oblio l’antica Siracusa, quella dei fasti greci e romani, torna in superficie attraverso quei resti. Il Cavallari e gli archeologi che continuano la sua opera cominciano ad interrogarsi: “Davanti a cosa ci troviamo?”
In aiuto degli studiosi arrivano gli autori antichi, Cicerone in primo luogo, il quale nella sua celeberrima orazione contro Verre, ex governatore romano della Sicilia che aveva saccheggiato e derubato l’isola, fa una minuziosa descrizione della topografia, degli edifici e dei monumenti dell’antica Siracusa. Proprio in quel luogo appena scavato, Cicerone colloca vari importanti edifici pubblici ognuno dei quali si candida ad essere il monumento portato alla luce. L’oratore romano parla in particolar modo della tomba di Timoleonte, importante politico siracusano del III sec. a.C. al quale furono tributati grandi onori per aver posto fine ad una guerra civile a Siracusa, e descrive, in corrispondenza della stessa tomba, un ginnasio, luogo deputato all’educazione dei giovani con, in genere, larghe aree immerse nel verde, campi per la corsa e per gli esercizi ginnici e spazi per l’apprendimento. Gli archeologi portano alla luce un grande porticato, probabilmente usato per delimitare i campi per gli atleti, e la cavea del teatro, forse adibita allo svolgimento delle lezioni. Quest’ipotesi non ottiene mai una conferma definitiva mentre ulteriori scoperte archeologiche fanno avanzare agli studiosi un’ulteriore affascinante supposizione. A meno di duecento metri dal sito viene trovato un frammento di iscrizione in latino. Quel poco che rimane del testo cita un magistrato romano che, a proprie spese, aveva restaurato il Serapeum, il tempio dedicato a Serapide, dio il cui culto proveniva dall’oriente e che era giunto nelle colonie greche d’occidente sull’onda della cultura cosmopolita d’epoca alessandrina. Serapide era a quell’epoca già venerato in Egitto e, secondo alcuni, il suo culto si era sviluppato fondendo i rituali di due divinità antichissime: Osiris e Api. I Greci, venendo a contatto con gli antichissimi culti egiziani e confrontandoli con i propri, vi trovarono corrispondenze con gli attributi delle proprie divinità, in particolar modo Zeus, il re degli dei, Ades, il re degli inferi, e Asclepio, dio della medicina. Per questo motivo Serapide veniva sempre rappresentato con l’imponente volto del re degli dei e accompagnato dal cane a tre teste Cerbero, guardiano degli inferi, e con attributi quali il bastone di Asclepio con il serpente attorcigliato.
Credits: nota di S.Leggio/Hermes Guides, originariamente pubblicata su Nuova Acropoli notizie n.18 | Foto di D. Mauro / Wikipedia